Quel che porta la pioggia

E’ una strana sensazione, il senso di chiarezza che la pioggia passata ti lascia. Un senso di vuoto, di qualcosa in te che ora chiede di essere riempito, di trovare posto e senso in te. Vorrei avere lacrime come la pioggia,lacrime che ti lasciano dentro i colori dell’arcobaleno, una volta passate.
Vorrei avere sempre occhi che brillano come queste stelle, come le strade segnate di paesi che pur non conoscendo vedo. Occhi di luce vorrei, per vegliare dolce sul mondo assopito.
Ma ora le strade sono deserte e il silenzio è buio, carbone ancora caldo di un fuoco appena spento – o chissà, forse solo nascosto nella cenere.

No, questo fuoco è vivo
ed impetuoso,
è qui forte e caldo
come un sole in me,
una certezza che mai
mi abbandonerà.
Non temo il freddo
di questo immenso
non capire, il salto
che mi porta oltre;
uno steccato in fondo
mi separa dal cielo
ma io vedo e sento
senza avere confini.

Forse si chiama
povertà
essere dispersi in mille
rivoli di terra e sole
sulla faccia del mondo?
A volte il fremito,
il desiderio di contrarsi
e farsi piccoli, di essere
e sentirsi piccoli davanti
a ciò che viviamo,
a ciò che vorremmo ma non riusciamo
a ricomporre in noi stessi,
a far diventare
parte del nostro essere.

Eppure anelo ad un cielo
più grande, ad un amore
che si dia senza ritegno,
senza altro desiderio
che non sia saper donare
e donare sempre.
Quanti occhi incontro
in questi giorni!
Occhi che leggo con il sorriso
di chi solo sa disegnare
occhi di luce e pianto
di chi solo sa udire
occhi di voce e canto…

Scrutare il cielo a volte
è scrutar se stessi,
com’è guardar negli occhi
un attraversare il mondo.

(scritta mentre tutti dormivano, al campo issimi, dopo il primo giorno di sole)